Rapine, ovvero: nel nulla delle istituzioni chiacchierone.

RapinatoreTroppi gli accadimenti malavitosi – soprattutto ultimamente – che lasciano famiglie distrutte, tracce profonde, indelebili nella vita della gente comune e indifesa. A volte sono addirittura definitive, irreparabili, come solo la morte provocata, violenta e ignobile, da esseri schifosi, malvagi; che non potrei  mai definire con l’appellativo permissivo di “disperati”, senza ragione alcuna. Spietati, assoggettati al loro unico, cinico credo: una cieca determinazione d’offesa.
Spesso ci si nasconde nel giudizio per paura di esporsi, per essere uniformati, per sentirsi parte di un pensiero comune, ma soltanto verosimile, abbandonando vigliaccamente, per questo, il nostri reali intendimenti nascosti al mondo. Bene, per non appartenere né mischiarmi con questa categoria di mutuo silenzio, dico che, per certi crimini efferati e avendo l’assoluta certezza di chi li abbia perpetrati, io agirei in questo modo:  getterei i resposabili all’interno di una tramoggia, li triterei finemente e ne farei del compost per i campi, così, almeno, servirebbero a qualcosa!
C’è un tempo per le parole, spesso inutili e reiterate, ma un altro decisamente più urgente e necessario: quello dell’azione dura e determinata, senza sconti né scappatoie possibili.
Che tutte le Istituzioni preposte, lo Stato facciano davvero il loro dovere a difesa del cittadino, almeno con la stessa caparbietà di “riscossione” con la quale vessano continuamente il popolo: soltanto “pastorizia”, per loro, mucche da mungere spillandole fino alle ultime gocce possibili.
Attrezzi rapina
 © Roberto Anzaldi

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