Neri capelli

Originariamente neri i miei capelli, ancora oggi, anche se dolcemente alternati nel colore, non nel volume né nel loro naturale moto ondoso. Numerosi, grossi, discretamente lunghi, portati come senso di libertà ritrovata da un tempo sospeso. Da sempre specchio dell’anima hanno, in simbiosi, attraversato qualche misura in più di un mezzo secolo piantati saldamente nel capo.
Quante le fogge impresse nel loro tempo andato. A volte severe, altre più sciolte e scanzonate. Sempre legate a stati d’animo che l’istante o un bisogno improvviso suggeriva. Sono stati strumento, una molteplice forza alleata nel nascondere anche piccoli difetti. Orecchie, per grazia minute, leggermente convesse furono motivo di giovani e teneri impacci.
Grandi amici delle mani si sono spesso adulati fra loro, in cerca di un gesto compiacente in reciproca soddisfazione. Sono stati compagni sinceri – e ancora lo sono – al servizio di umori, sfide, lacerazioni. Afferrati per rabbia, accarezzati per amore, avvoltolati per rendere più leggero il momento dei pensieri sparsi o annodati per necessità di un compito quotidiano da onorare. Coperta ondulata adatta a ogni clima, distesa sulle mie antiche e pesanti immaginazioni. Un fitto prato intrecciato e fluttuante nell’andare e venire di venti in stagioni senza fine.
Perpendicolari al cielo, nutriti ad aria e raggi di luce, quelli che scaldano l’involucro in cui sono infilzati come forti radici. Un richiamo ancestrale per alcuni, senso d’invidia per altri. Indubbio lavoro duro per artisti di forbici e pettine. Servitori umili e instancabili dei miei molteplici temperamenti, condividendone consapevolmente, negli anni, i loro leggeri mutamenti di forma: alcuni stravaganti, in verità, altri più formali e composti.
Associare tutto ciò, comprendere come sia avvenuto parallelamente un lungo cammino di dentro, è stata materia di vita; istanti perpetui, consapevolezza assorbita a forza dalle dissimili danze del tempo. Molte le gioie, cosi i dolori… qualche volta cinici e vincenti su altra ragione.
C’è stato un tempo distante in cui l’unico sollievo alle giovani inquietudini, fosse prendersi eccessivamente cura di loro. Uno shampoo terapeutico mitigava gli assalti dell’anima imbrogliando le insicurezze, per un po’. Un criterio ingenuo per mitigare quegli assalti, ripartire o darsi coraggio.
E’ strana la mente, pensava d’aver bisogno di chissà quali alchimie per sentirsi parte di qualcosa. Invece, un semplice ma minuzioso massaggio alla zazzera rasserenava, allontanando pressanti riflessioni, dando conforto immediato anche se effimero. Sentire quel flusso d’acqua temperata scorrere tra i capelli accarezzando la fronte – quasi a lenire i pensieri più cupi – accompagnarla con un gesto delle dita, restava sensazione unica, quasi una tiepida carezza disciolta, gentile.
Ancora oggi è incredibilmente così. Un cesto di fili sghembi e lucenti da ragazzo, portati abbondanti, quasi un gesto di vezzo, alla soglia di saggezze presunte. Quanto il vento buono e quanto quello indisponente, contrario, li ha attraversati nelle età a rincorrersi senza mai afferrarsi! Attimi riconosciuti carichi di vita, di appunti sospesi ai loro passaggi avvenuti.
Quando i tratti riflessi non saranno più così felici da osservare, quando il tempo migliore della freschezza perduta sarà così evidente e ineluttabile, chissà se aspetterò ancora davanti ad uno specchio, qualche volta. Scruterò ancora la sagoma e il loro colore trasformarsi nei giorni. Così, naturalmente, senza forzature ne pensieri legati ad artifizi per ritardarne i grigiori. Penso a certe buffe tinte… portate dai miei simili come segno virile e di triste illusione di eterna gioventù. Come a quell’apparenza “rosso menopausa” sfoggiata da donne non adatte a nascondere una resa. Triste vessillo, l’ultima bandiera pirata dei loro sogni ingannati.
Spero di possedere ancora qualche sorriso consapevole da spendere a ciò che resta di questa mia tratta. Intanto, vorrei fosse ancora una carezza a sorprendermi in un tempo lontano, posata tra i capelli o tra ciò che resterà di loro, a memoria di quel che è stato valore buono in me. Un premio a questa vita e al suo infinto mistero, mai compreso fino in fondo: quello che da sempre ho portato tra le fitte chiome dei miei capelli e nelle tasche di tutti quei giorni a venire ancora in sospeso.

© Roberto Anzaldi

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