Qualche anno fa, inviai a un piccolo editore alcuni racconti in visione. Mi rispose soltanto dopo alcuni giorni, dicendomi che li avrei potuti far leggere soltanto ad amici e parenti. “Troppo personali e autobiografici”, mi scrisse in risposta. Come a voler affermare che le storie personali non fossero di reale, pubblico interesse. Bene, leggendo questo libro di Gramellini, mi accorgo (ma non soltanto ora, ovviamente!) di quanto, in realtà, l’ineluttabilità di certi eventi, sia trasversale, tocchi in egual modo gli altrui sentimenti, e di come la sua scrittura sia in perfetta dissonanza con la superficialità di quel remoto pensiero arginante, espresso da quell’editore, forse un po’ distratto o arreso alle consuetudini di meri profitti.
Questo libro mi è piaciuto per il messaggio calmo e profondo della narrazione e dei suoi contenuti in condivisione, al di là della funzione terapeutica d’accettazione che, credo, sia servita soprattutto all’autore per esorcizzare un dolore che non potrà mai conoscere un termine stabilito di eterne mancanze!
Nonostante sia soltanto la mia modesta opinione, penso sia stato scritto con eccessiva semplicità nella forma, anche se, in molte sue pagine, la voce narrante sia di un figlio ancora bambino. Forse l’autore lo è davvero rimasto, in parte, nonostante l’inesorabile trascorrere del tempo e il consolidamento dell’età adulta.
Io, che persi mio Padre all’età di sette anni, posso affermare che, dal quel momento, anche una parte di me sia rimasta solidificata a quello strappo d’intima vita. Un evento contrario divenuto compagno costante dei miei giorni. Eterne mancanze… appunto!
© Roberto Anzaldi