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Nonostante la mia età sia certamente adulta, volgendo lo sguardo a ritroso nel tempo, non sono riuscito a immedesimarmi nella quasi totale raffigurazione di quella gioventù raffazzonata, precaria e disincantata, per certi versi. Troppo distante quella bit-generation dal mio sentire e troppi gli spazi aperti per poter sentire quei viaggi ripetuti. Comprendo, tuttavia, la volontà dell’autore di esaltare la sfrenata voglia di semplice (si fa per dire) vita che, una generazione troppo vicina al conflitto bellico mondiale, sentiva scorrere nelle vene. Alcuni buoni tratti narrativi, le riflessioni e le immagini ripetute di una certa povertà umana, comunque, mi hanno consentito di arrivare, pur faticosamente, alla fine del libro.
© aprile 2012 – Roberto Anzaldi