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Un’interminabile sequenza di azioni, precarietà, frenesie, desideri, aspettative, paranoie, sogni, follie e sentimenti incerti. Una vita raccontata, zeppa d’umanità scostanti, senza pace interiore. L’amore vissuto quasi come una condanna: inconsapevole, pur se necessario. Un intralcio difficile da onorare con dedizione, senza egoismi.
La narrazione fitta, quasi ansiosa, delinea personaggi e luoghi attraversati, ma non davvero amati. Tra egoismi, maldestri tentativi e momentanee evocazioni spirituali, si snoda la storia e la “visione” di un traguardo. Un inno ai molteplici flussi dell’anima; non sempre come valori. Un grido lacerante rivolto al mal di vivere, che non può essere mondato se non con la vita stessa. La caducità dell’esistere è qui rappresentata in tutta la sua forza empirica, distruttiva e ineluttabile. “Chiedi alla polvere”, quindi, come elemento a offuscare, velando orizzonti, scelte e intendimenti.
Molti di questi smarrimenti, in quanto appartenenti alla scrittura, in verità, anch’io ho attraversato.
© Aprile 2014 – Roberto Anzaldi