Mute convalescenze

“Non cerco un comodo consenso, non più. La mia a vita lo è già, per me, con tutte le sue attrazioni e scompensi, che sanno giocare ancora al “ce l’hai” con i miei sogni remoti senza sosta né pentimento alcuno. Non desidero ammirazioni posticce da dover ricambiare, se non in forma svincolata dall’educato manierismo di facciata. Ho raggiunto una porzione importante del mio cammino che rivendico senza ostentazione, ma che riconosco in tutte le sue dicotomie attraversate. Le sfumature d’esistenza si allungano sinuose tra gli odori annusati del tempo, abbracciano le emozioni tinteggiandone i tratti percepiti, qualsiasi essi siano stati. L’anima accoglie le molteplicità degli eventi, per poi trovare a essi un posto in cui sedimentarli al riparo dalle inquietudini passeggere; non sempre quello giusto o meno faticoso. Opera una sintesi di cura da offrire al tempo delle mediazioni interiori, alle mute convalescenze. Ci saranno posti dedicati, prima o poi, in cui riporre le guarigioni o le allerte ineluttabili. Avvengono certe osmosi dentro di noi cui non sapremo mai decifrare per davvero quanto sia il tributo onorato al tempo di quei passaggi. Forse, sarà un semplice taglio d’espressione sul volto a darci la misura della nostra accettazione. Mestamente concavo o allegramente convesso. Saranno comunque segnali, parte di quel noi senza inganni né maschere imposture da dover mostrare al giudizio altrui. Riconoscersi nel proprio microcosmo è imparare quante altre realtà affini possano esistere, sostare intorno a noi. Ognuno con i propri silenzi devoti rivolti all’infinità del creato, trascesi dalle angosce o dai pensieri trattenuti teneramente. Tutti allineati soltanto al cospetto di meravigliose assemblee delle stelle nelle notti cariche di luce a illuminare gli occhi, rigenerando le antiche offese, così il lungo cammino e quei battiti claudicanti ma coraggiosi del nostro caparbio, unico cuore.”

 

© Roberto Anzaldi

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