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Non credo di poter rendere nessun ulteriore servizio, nel testimoniare la straordinaria forza descrittiva della scrittrice Anne Tyler. Penso, però, che certe letture, se tradotte, perdano il valore aggiunto della lingua d’origine, soprattutto per quelle maggiormente dettagliate e intime. Non possedendo, comunque, gli strumenti linguistici appropriati per poterlo verificare, mi tengo ugualmente il pensiero. Detto questo, trovo lontanissimo quel mondo, così come i suoi spazi silenziosi, quasi inutili, dettati esclusivamente dalla vastità dei suoi territori. L’ansia, quasi la necessità di doversi spostare dai luoghi è tipica del popolo americano, molto meno stanziale di noi europei. Pur se la storia sia lontana dal mio desiderio di narrazione (luoghi, persone e situazioni perennemente il bilico), intuisco il senso d’intima precarietà espresso, nonostante il preservare di alcuni sentimenti unici, che non si possono disattendere, come l’amore per i propri figli che va oltre ogni ragionevole senso di altra comunione. La mia umile valutazione, quindi, sarà prevalentemente indirizzata alla forma propria della sua scrittura evocativa.
© Ottobre 2013 – Roberto Anzaldi