Amori in prestito

Nel moto infinito delle cose che accadono, abita il senso unico della vita. Tutto ciò che circonda il nostro stare nei giorni è quindi precario, a volte posticcio, spesso… inatteso.
Dissimuliamo, in posture meritevoli di palcoscenico, che siano convinzioni ad appartenerci; strappate qua e là da qualche luogo comune o situazione in divenire, ma è tutto un credere per attimi, per periodi brevi, prima che un’ondata, un’altra ancora, travolga per sempre quel sottile equilibrio.
Così, ascolto tra gli uomini il disagio nel riconoscere sé stessi, le proprie storie, i viaggi e racconti attraversati da questo mare sconfinato di vita. Un profondo blu, a tratti crudele, ostile, sferzato da un vento danzatore senza indirizzo alcuno. Come nemico cattivo, spietato, lascia piaghe e solchi profondi nelle tasche a perdere. La croce di “certi” venti gira senza direzione né controllo, così: trasversalmente alla nostra vita. Un tumulto mai compreso fino in fondo, forse assecondato, per bisogno, in un lasso transitorio. Gli incastri possibili delle ipotesi o l’arresa superficiale in disaccortezze, rendono plasticità al senso delle molte pagine scritte – così alle bianche – di un’esistenza ancora da narrare.
Sono profonde e urlanti ferite al mio udito, queste sordità, stremato di accogliere il male oscuro dell’ipocrisia, farsi logica primaria nell’espressione di facili concetti. Non servono ragioni, né sudore e neppure dedizioni. Tutto avviene nel mistero del pensiero meschino nascosto agli altri, fino a che, un tempo troppo a lungo sopito, improvvisamente decida per noi, fuggendo ogni volontà di farci capire ciò che realmente ci accade. Nulla da difendere e in cui credere con l’incanto dei sentimenti certi, quelli che rendono vermiglie le passioni del cuore.
Esistiamo, prede stolte e angosciate dalla noia, dimenticando desideri condivisi e le sciocche promesse, divenute tali nutrendo un cinico egoismo, come le molte precarietà delle nostre convinzioni sempre pronte a essere disattese.
“Siamo esseri imperfetti e nella nostra imperfezione ci muoviamo calpestando empiricamente il mondo”. Lo scrissi in tempi svoltati e tuttora mi appartengono le stesse ragioni; come una parte di quelle poche certezze che ho saputo afferrare negli anni, imparando ad accoglierle… non condividerle, come parte imprescindibile di un certo vivere confusi.
Proprio questa, pur se triste convinzione, è tra le poche verità inconfutabili che ancora inseguono, decolorando diversamente i giorni di vento della precarietà umana.
Ci si accosta di lato, a volte, per non vederne la bruttura riflessa, spesso scritta nei volti di amori attraversati, elusi, masticati. Poi ancora allontanati, cancellati dentro il rigurgito dell’anima, un misero sputo della negazione di se stessi.
Così, sentimenti bugiardi fluttuano liberi e anarchici tra fragili amori in prestito, attraversando un istante in cui abbiano luce migliore ai nostri occhi, irrequieti e scostanti. E nell’attesa di un tempo dedicato a nuove convinzioni, cui prestare un altro ascolto, scorrono e si susseguono situazioni e gli inganni. Come il moto di quegli “amori” nati già disattesi, privi di reale spessore; si arrestano sconfitti al transito di un nulla.
Non ci appartengono, purtroppo, visioni più elevate che possano, in qualche modo, farci sentire ancora forti, in grado di assecondare il tempo e ciò che di prezioso, con esso, ci scorre accanto. Sempre alla ricerca di facili pensieri che concedano di placare la sete sterile degli egoismi, che si lascino domare in assenza di fatica, senza nessuna passione. L’uscio dell’anima perennemente in allarme, oliato con estrema cura nei suoi cardini di fuga, conserva piccoli spiragli, pronti a essere spalancati senza alcuna memoria né vergogna aggiunta. E comode giustificazioni di un momento, poi, mostrando quell’altra faccia preparata “alla bisogna”, si fanno maschera bugiarda, credo assoluto.
Tutto si ribalta e si abbandona improvvisamente. Si svuotano in fretta cassettoni di soffitte, riempiti di collezioni d’istanti, senza lasciare traccia di tutto ciò che, per quel tempo accettato, si era riposto con laboriosa cura. Serve un ricambio d’aria immediato, degli ultimi colpi di ramazza a mondarne la poca polvere rimasta e un fresco, giovane spazio da poter colmare nuovamente. Altre giovani storie, abitudini, convinzioni ultime da assecondare per quel po’.
Come vorrei esistesse un controcanto, invece, il poter riconoscere sincerità ai miei simili, un concetto duraturo, intatto, appassionato. Non essere facile preda dei “neppure” sempre nuovi: meschini e ingannatori. Nulla da dover sovrapporre per nascondere, sotterrandolo, il passato che ci è appartenuto. Difendere quotidianamente il bene e la condivisione, senza timore che nessuno possa arrivare a confondere i nostri passi. Usare la forza degli occhi mostrati come un valore, l’esatta misura del buono che c’è in noi. Il termine ultimato dei dubbi.
Sono provato, attonito oramai, di ascoltare continue voci sparse, di leggere sofferenze nel continuo bisogno di seguire chimere e facili respiri o nel rumore sordo della resa, rinnegando incomprensibilmente se stessi.
Io desidero, tuttavia, resistere con forza, rimanendo consapevole, legato doppiamente alle cose in cui credo, come ai sentimenti e all’amore, che è tanto, in me… smisurato. Forse più faticoso nell’essere riconosciuto, coltivato e, per questo, però, più maturo e appagante. Conservare, tra i ricordi di una vita, il significato di ciò che è stato un cammino, pur se contrario. Un segno distintivo di crescita e di accettazione, ma assecondando, con assoluta fermezza, il coraggio di nuove scelte intraprese e consapevoli. Mostrando sguardo di prua fiero della polena a separare i venti contrari della vita. Soltanto così potremo lasciare una traccia indelebile di noi al mondo degli altri, come ai nostri figli: tenera materia d’opera in costruzione, di ciò che è stato vero e partecipato.
Questo vorrei fosse per una “lei” qualsiasi e un altrettanto “me”, per tutti coloro che leggeranno queste mie – in apparenza – farneticanti parole pur non condividendone il senso o un loro criterio applicato. Ecco perché le menzogne non hanno odore che meriti un olfatto.
Non lasciate che il silenzio delle rinunce scorra nel muto e lento scivolare dei giorni, assomigliando nei tratti alla terra irrimediabilmente arsa dal sole di un deserto immaginario, di dure, tortuose crepe nell’anima sconfitta, secche e polverose. Forse non ci sarà alcuna misura d’acqua sufficiente per saldarle, quelle crepe.
Dall’immensa profondità di secoli andati, però, qualcuno ci ha lasciato in dono, per ipotesi o diritto, il pensiero oggettivo, straordinario della speranza, così come di una sua unica forza vitale ma arbitraria nel percepirla.
C’è un chiaro intendimento di condivisione in queste mie lunghe riflessioni scritte. Quello di sommare un desiderio consapevole, rivolto alle anime sparse in ascolto nel mondo e ai loro conflitti esistenziali, che incanta il mio stare presente nei passi alla vita.
Spero che una piccola lacrima d’emozione, non solo la vostra, apparsa come rivelazione in un tempo adatto, senza preavviso, bagni quella nuda terra apparentemente sconfitta, rendendola lentamente ciò che fu un tempo non distante: una verde pianura battuta e accarezzata dal vento caldo della vita. Come giochi infantili di nuvole a rincorrersi nell’immenso blu, così saranno tutti quei cuori puri, spalancati e immersi in sorrisi d’intenti. Il loro battito necessario, riconosciuto sarà infinita linfa di vita, reciproco riparo nei giorni contrari e in possibile agguato.
Non credo sia possibile applicare algidi principi di esattezza, in tutto questo mio incessante bisogno di comprendere praticando i sentimenti. M’importa con forza, innanzitutto, che abiti un significato d’amore universale, in tutto ciò. Però vorrei davvero poter riconoscere, nel commovente impulso di appartenere a qualcuno, il sapore unico, intenso e meraviglioso di uno straordinario viaggio. Quella certezza ammessa unicamente agli strumenti di una “fede” smisurata negli uomini giusti e meritevoli, che lo possa rendere consapevole ed eterno.
Forse, soltanto in questa forma di piena coscienza, l’assoluto valore delle emozioni potrà padroneggiare costantemente il “lusso”, così quella libertà di poter attraversare i cuori in ascolto e le loro esistenze, scorrendo poi distante in raffiche di brezza, oltre un senso segreto, ancora taciuto al calpestio disseminato d’innumerevoli vite… davvero in cammino.

© Roberto Anzaldi

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